
Dal 21 fino al 23 marzo 2022 arriva in sala il docu-film di Andrea Kofoed sul Salvator mundi attribuibile, si pensa, a Leonardo da Vinci.
“Questa storia mette a nudo i meccanismi della psiche umana, la nostra attrazione verso il divino e i meccanismi delle società capitaliste in cui denaro e potere prevalgono sulla verità. Il dipinto diventa un prisma attraverso cui possiamo comprendere noi stessi e il mondo in cui viviamo. A oggi non ci sono prove conclusive che il dipinto sia – o non sia – di Leonardo. E finché c’è un dubbio, persone, istituzioni e stati possono di fatto “usarlo” per lo scopo che risulta loro più utile”
Andrea Kofoed sul suo film
Una storia di intrighi, ambizione e denaro che si mescola alle testimonianze di critici e studiosi d’arte inorriditi dall’interesse prettamente economico della “Monna Lisa uomo”, così soprannominato il Salvator mundi al pari della “Monna Lisa” parigina, che vale 450 milioni.
È questo “Leonardo. Il capolavoro perduto”, il nuovo docu-film del regista danese Andrea Kofoed dopo At home in the world e Ballroom Dancer. Ed è curioso notare come il Salvator mundi abbia portato così tanta avidità nel panorama artistico da sborsare una somma da capogiro. Per portarsi a casa il quadro più costoso nella storia dell’arte, con il sardonico piacere di possedere un presunto capolavoro perduto.
E basta solo il nome dell’artista, l’enigmatico Leonardo, a fomentare la brama di potere sul misterioso dipinto. Lui, scienziato, ingegnere e il pittore italiano famoso in tutto il mondo, celebre per le sue criptiche opere d’arte che ha dipinto un quadro sbucato dal nulla in America. E gli storici dell’arte rimangono affascinati dalla bellezza del Cristo velato da una patina di colore vivo frutto del restauro che data l’opera al 1510 circa. Quasi coevo alla Gioconda (1500), conservata al Museo del Louvre di Parigi, ammirata, contemplata e immortalata dai selfie dei turisti, e al celebre affresco parietale dell’Ultima Cena (1495-1498), più giovane di qualche anno, conservato nel refettorio del convento adiacente al santuario di Santa Maria delle Grazie a Milano.

È un documentario che si veste da oscuro dramma provocatorio “Leonardo. Il capolavoro perduto”. Diviso in tre parti, a cadenzare i tre momenti di scoperta-economia di mercato-oggi, la cinepresa inquadra in primo piano la restauratrice Dianne Modestini, che ha seguìto il restauro del Salvator mundi notando il minuzioso dettaglio sopra il labbro superiore che presuppone l’appartenenza a Leonardo, per spostarsi su critici, storici, giornalisti, scrittori ed esperti del pittore in diverse parti del mondo (New York, Londra, Parigi e Berlino).
Ma è la scabrosa seconda parte che fa riflettere su quanto l’arte sia diventata una pura mercificazione volta esclusivamente a elevare il potere delle istituzioni capitaliste e la bramosia degli uomini più ricchi della terra. Uno fra tutti, l’imprenditore Yves Bouvier, astuto nel rivendere le opere d’arte molto più del prezzo di acquisto, che ha guadagnato un’enorme quantità di money. E con i preziosi quadri scomparsi nei porti franchi senza avere più news, come il Salvator mundi con pennellate rinascimentali sotto la vernice del restauro che ha viaggiato da una parte all’altra del mondo dentro una cornice di legno o addirittura dentro un sacco nero dell’immondizia per essere venduto al miglior offerente.


E la fatidica asta, che ha battuto il suo martelletto alla cifra record di 450 milioni tra l’incredulità dei presenti e scatti e filmati per documentare l’evento, (ri)venduto, si pensa, al sultano dell’Arabia Saudita Mohammad bin Salman Al Sa’ud – noto per l’omicidio del giornalista saudita Jamal Khashoggi – che lo tiene al sicuro nel suo lussuoso yacht come fosse lui il Salvator mundi.
E tra dettagli artistici messi in rilievo – la posizione delle mani, i ricci dei capelli e lo sguardo indecifrabile del Salvatore assimilabile a un dipinto originale di Leonardo – turbamento per il suo valore inestimabile, giochi di potere e denaro che si amalgamano a sentori politici che ingigantiscono ancora di più l’ambiguo nuovo Codice, rimane il più grande interrogativo che il pianeta sta aspettando di svelare: dove si trova adesso l’autentico Salvator mundi di Leonardo da Vinci?