Perchè leggere la Commedia oggi?
A cura di Paola Baioni
Nell’anno dantesco appena concluso, molti studiosi e appassionati si sono domandati se ha ancora senso, oggi, leggere la Divina Commedia. È scritta in versi (per qualcuno potrebbero sembrare ‘fuori moda’), il linguaggio è difficile, alcuni passaggi sono molto complessi e qualcosa rimane tuttora oscuro. Sicché? Sono ‘folli’ quelli che ancora oggi continuano a leggere, studiare, scrivere sulla Commedia? No senz’altro, eppure non sono tutti esperti dell’opera dantesca, anzi! Il quid motivazionale è molto semplice: tutti abbiamo bisogno della bellezza, che salverà il mondo. È un bisogno ontologico. E Dante, nella Commedia ci offre bellezza e speranza di salvezza.
Il Poeta ha parlato di tutto, ci interroga continuamente, i suoi versi sono ancora attuali: ogni uomo che legge la Commedia si vede allo specchio. Stesse incertezze, debolezze, paure, anche stesse necessità e stessi desideri. L’uomo che si trova immerso in una «selva oscura» e si sente perduto, cerca, almeno per istinto di conservazione, una via d’uscita, quella che Dante ci offre con il suo viaggio, in compagnia della sua guida. Nessuno si salva da solo, tutti abbiamo bisogno della Grazia e della misericordia («la bontà infinita ha sì gran braccia, / che prende ciò che si rivolge a lei», Pg III, 122-123), della kenosis di Dio, che, con amore di Padre, si china verso la sua fragile creatura e la solleva fino a Lui.
La Commedia ci rammenta che la salvezza ha un volto anche muliebre, basti pensare alle tre donne che accorrono in soccorso di Dante: la Vergine Madre, Santa Lucia e Beatrice. Tutto principia dalla Vergine e con una circolarità perfetta, l’ultimo canto del Paradiso chiude il poema proprio con una lunga preghiera alla Vergine. Poesia e preghiera hanno una radice comune e sono così strettamente legate, che non si può separare a posteriori ciò che a priori è nato unito. Proviamo a chiudere gli occhi e a sentire tutta la bellezza, la musicalità, la dolcezza dell’orazione che Dante ha messo sulle labbra di San Bernardo:
Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’etterno consiglio,
tu sè colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che ’l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
Nel ventre tuo si raccese l’amore,
per lo cui caldo ne l’etterna pace
così è germinato questo fiore.
[…] giuso, intra’ mortali,
sè di speranza fontana vivace.
[…] qual vuol grazia e a te non ricorre
sua disïanza vuol volar sanz’ali.
La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fïate
liberamente al dimandar precorre.
In te misericordia, in te pietate,
in te magnificenza, in te s’aduna
quantunque in creatura è di bontate (Pd XXXIII, 1-21).
Paola Baioni
Docente di Letteratura italiana all’Università degli Studi di Torino